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Torna all'elencoLa Birmania al bivio
Il golpe militare del 1 febbraio 2021 in Birmania non ha portato il paese verso il cambiamento che tutti auspicavano. Le elezioni politiche del novembre 2020 hanno visto Aung San Suu Kyi, leader della Lega nazionale per la democrazia (Nld) ottenere un’importante vittoria elettorale che le avrebbe permesso di consolidare il controllo della politica birmana per poter attuare le auspicate riforme per contenere il potere militare, riducendolo ad una mera autorità civile. In seguito a presunti brogli elettorali denunciati dal Partito unitario per la solidarietà e lo sviluppo (USdp), vicino ai militari, il 1 febbraio 2021 l’esercito ha arrestato Aung San Suu Kyi e altri componenti dell’Nld, instaurando un governo provvisorio, di transizione verso le nuove elezioni.
In tutto il paese sono però esplose manifestazioni e ribellioni senza precedenti, senza alcuna distinzione etnica, religiosa e sociale. Il paese si è mobilitato con scioperi generali, utilizzando internet e social, ma la protesta, inizialmente pacifica, è sfociata in una violenta repressione che ha portato il paese ad una grave paralisi economica, con forti ripercussioni sul piano sanitario, sull’importazione di beni di prima necessità e sul commercio internazionale.
Dopo la pulizia etnica dei rohingya e il conseguente deterioramento delle relazioni con l’Occidente, la Cina ha offerto alla Birmania rapporti commerciali stretti e un piano di investimenti miliardario (Corridoio economico Cina Birmania), trovando tuttavia solo nell’esercito unito dello stato Wa (Uwsa) un alleato su cui contare. Tre sono gli obiettivi della Cina: prevenire l’instabilità, evitare che la Birmania rientri nelle sfere d’influenza di Stati Uniti o India, trasformare il paese in un corridoio per l’Oceano Indiano. Il futuro del paese si giocherà comunque sulla fine del regime militare.
- Sta in:
- Internazionale Anno 2021 N. 1402 P. 54-57
- Già pubblicato in:
- London Review of Books (Regno Unito)
- Thesaurus:
- Birmania, Cina, Stati Uniti, conflitti interni, esercito, guerra civile, resistenza, violenza, golpe, elezioni, governo autoritario, persecuzioni politiche, rivolte popolari, repressione politica, povertà, relazioni internazionali, crisi economica, disuguaglianze socio-economiche, conflitti etnici, social media, internet